sabato 26 settembre 2009

Lampascioni

Nel mondo classico, ai bulbi, sembra molti simili ai cipollotti amarognoli, da noi chiamati lampascioni, veniva attribuito un alto potere afrodisiaco. Numerose sono le testimonianze in tal senso. Marziale (I sec. d.C.) dedicò ai lampascioni queste parole: “qualora tua moglie sia vecchia, qualora il tuo membro sia morto, niente altro che i bulbi potranno soddisfarti… Chi sa apparire uomo nelle battaglie di Venere, mangi i bulbi e sarà molto forte”. Ateneo (II – III sec. d.C.) diceva: “aragoste, bulbi, lumache… se qualcuno amando un’etera trovasse altri farmaci più utili di questi…”. La fama afrodisiaca dei bulbi era molto diffusa non solo nell’opinione popolare, ma anche presso i medici sia Greci che Latini. Presenti nel ricettario di Apicio in ben quattro preparazioni, dovevano essere un alimento di facile reperibilità. Dal Medioevo fino alla meccanizzazione dell’agricoltura, il lampascione ha rappresentato un alimento povero spontaneo, consumato in notevoli quantità durante il periodo delle arature e delle semine autunnali. Questa è una pianta erbacea molto rustica, coltivata sopratutto in Puglia, che cresce spontanea nel bacino del Mediterraneo orientale. Ha proprietà diuretiche ed emollienti molto simili a quelle della cipolla. Il bulbo sotterraneo del lampascione in cucina trova impiego: sia crudo (fresco) che cotto (bollito, arrostito, fritto, sottolio).
Ricetta: pulite dei lampascioni e teneteli immersi in una terrina con acqua fredda per un paio d’ore, cambiando il liquido diverse volte affinché perdono il gusto amarognolo. Privateli della pellicina esterna, metteteli in un tegame, versatevi dell'olio d’oliva e aceto fino a coprirli, e portateli ad ebollizione. Fateli cuocere, a tegame coperto e fuoco moderato per un’ora. Scolateli e insaporiteli con sale ed pepe.

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