domenica 31 gennaio 2010

Baccalà alla vicentina.



Ingredienti:
Acciughe 3
Cipolle 200 g
Farina 100 g
Latte fresco 2 dl
Merluzzo baccalà 400 g
Olio 1/2 litro
Parmigiano Reggiano 50 g
Pepe 1 pizzico
Prezzemolo tritato 3 cucchiai

Battere per bene il baccalà ed ammollarlo in acqua fredda cambiandola ogni quattro ore per 2 giorni.
Togliete la pelle e aprite il pesce per il lungo, quindi eliminate le lische. Tagliatelo a quadrotti più o meno della stessa grandezza.
Fate rosolare la cipolla finemente tritata in un tegame, aggiungere poi le acciughe diliscate e tagliate a pezzettini e, a fuoco spento, aggiungete il prezzemolo tritato. Infarinare i pezzi di bacalà dopo averli bagnati con un pò di soffritto, disponeteli in un pirofila, sul cui fondo avrete versato qualche cucchiaiata di soffritto, quindi ricopriteli con il restante soffritto. Aggiungete anche il latte, il grana, il sale, il pepe e il resto dell'olio fino a coprire per bene i pezzi di baccalà.
Fate cuocere il baccalà alla vicentina a fuoco lentissimo per 4 ore , muovendo la pirofila di tanto in tanto, in senso rotatorio, senza però mai mescolare con alcun arnese. Servite il vostro baccalà alla vicentina sia caldo che freddo ma accompagnandolo con della buona polenta.

sabato 23 gennaio 2010

La polenta veneta affonda le radici nel Mediterraneo.



Le prime coltivazioni di mais si ebbero trent'anni dopo la scoperta dell'America, in Andalusia, per opera di agricoltori di origine araba che lo usavano come mangime per gli animali. Dal Golfo di Biscaglia, il mais si diffonde nel XVII secolo in tutta Europa, anche per la spinta che viene dai coloni americani, e si espande lungo una fascia precisa, attraverso la Spagna, la Francia, l'Italia, i Paesi danubiani, l'Ucraina, fino al Caucaso. Più a nord, il clima era troppo freddo, più a sud troppo secco. La preparazione è ovunque la stessa: si fa cuocere la farina gialla in acqua o brodo, vi si aggiunge, alla fine, burro, latte, formaggio, sughi e carne.
Le attuali ricette della polenta impastizada, della polenta infasolà, della polenta onta, ecc., si rifanno a questo antico uso, derivato dalla maniera di preparare la puls romana. La parola "polenta", infatti, conserva la sua origine latina, puls, plurale pultes. Allora, la polenta era fatta con il farro, un cereale più grosso e duro del comune frumento, e non offriva la consistenza della polenta di farina gialla. Si condiva con latte, formaggio, carne di agnello, oppure con salsa acida e maiale.
La polenta è il cuore della casa veneta, il simbolo popolare della sua cucina; nel Veneto, si sono sperimentate tutte le variazioni gastronomiche possibili della polenta.
A Venezia esistevano dolci rustici, molto comuni, fatti con farina gialla prima della scoperta dell'America e a metà del XVI secolo, in Friuli, si fa la polenta con il "grano saraceno".
Queste due realtà ci inducono a pensare che il famoso mais (mahiz, lo chiama Colombo, imparando il termine degli indigeni dell'isola Hispaniola) sia arrivato nel Veneto attraverso i traffici veneziani con l'Oriente, in tempi remoti. La puls era conosciuta in tutta l'area mediterranea e Apicio ci parla della puls punica, fatta con farina, formaggio fresco, miele e uova. Lo stesso autore ci riporta la preparazione delle pultes julianae, le polente friulane e venete con la spelta o il panico, con l'aggiunta di olio o latte, formaggio e sughi di carne.
Nel De honestate voluptate et valetudine del Platina, alla fine del XV secolo, ritroviamo la polenta di farro. La torta si otteneva mettendo in padella, in teglia, a strati, polenta e condimenti, con una "spolverata" di zucchero e acqua di rose.
La polenta di granoturco risolve subito i molti problemi alimentari delle popolazioni povere, fino a quando, nella metà del XVIII secolo, non apparve la pellagra, causata, si disse, dal continuo consumo di polenta. "Ci sono voluti decenni, si è dovuto arrivare a questo secolo prima di capire che la pellagra era conseguenza di una mancanza di vitamine" (Carnacina - Buonassisi) e si riconobbe l'antica saggezza dei Maya e degli Incas, che avevano fatto del mais la base della loro alimentazione ma vi univano quanto vi mancava.

EURO&MED FOOD 2010


L'edizione 2010 di Euro&Med Food, Salone delle produzioni eno-agroalimentari, si svolgerà a Foggia dal 25 al 28 marzo 2010.
La manifestazione, che ha cadenza biennale, è ormai considerata dalle Aziende un appuntamento qualificato ed un'opportunità concreta per realizzare business.
I numeri della scorsa edizione, con i 136 buyers intervenuti, oltre 250 aziende presenti e gli importanti risultati raggiunti in termini di volume di affari, hanno portato gli Enti promotori a dare ad essa un respiro ancora più ampio: prodotti e territorio, arricchiti del contributo che la ricerca e l'innovazione tecnologica possono dare, saranno presentati come ingredienti di un unico grande progetto di valorizzazione delle tipicità ed eccellenze per mercati sempre più esigenti.Appositi spazi saranno dedicati alla degustazione dei prodotti per visitatori, oltre ad un'area che ospiterà interventi formativi con specifici corsi sul migliore utilizzo delle produzioni alimentari.
Gli orari di Euro&Med Food consentiranno diversi approcci all'area Show: la mattina per gli operatori economici e i buyers; il pomeriggio e l'intera giornata della domenica per il pubblico.

domenica 17 gennaio 2010

Il cibo made in Italy.

Nei paesi emergenti come la Cina lo stile di vita italiano è un obiettivo da raggiungere. Se si esclude il settore della moda, tutti gli altri non sono preparati a soddisfare tal esigenza perchè siamo dei buoni artigiani ma non degli imprenditori. Il mercato cinese, per la sua vastità può essere affrontato solo con modelli imprenditoriali. L'artigiano può soddisfare solo mercati di nicchia. Il cibo può diventare ciò che la moda rappresenta oggi. Il settore alimentare più della moda può essre il veicolo della identità italiana, in particolar modo della mediterraneità. Purtroppo lo stile di vita mediterraneo è venduto nel mondo da chi mediterraneo non è. I più grandi venditori di pizza e caffè del mondo non sono italiani. Bisogna coniugare la nostra tradizione, anche culinaria, con la nostra cultura, riproporla in modo innovativo e adatta al nostro tempo. E andare verso il grande pubblico. L’estetica e la qualità della vita accessibili a tutti. Questo è il made in Italy da secoli, su questo si possono costruire le strategie di successo per il nostro Paese. Bisogna darsi da fare.