domenica 16 novembre 2008
Non c’è mercato per il nostro olio extra vergine?
Il comparto olivicolo-oleario è uno dei settori più colpiti da frodi e sofisticazioni. Nonostante il riconoscimento comunitario del marchio DOP (Denominazione d’Origine Protetta) ‘Dauno’ sono milioni i litri di olio di oliva importati ogni anno per essere miscelati con quello pugliese, dato che l'incidenza della produzione olivicola regionale su quella nazionale è pari al 36,6% e al 12% di quella mondiale. Non è pensabile che tale andamento disastroso delle contrattazioni sia giustificato dall’alibi della stagnazione dei consumi. Le famiglie utilizzano olio. Piuttosto, c’è da chiedersi di che olio si tratta, visto che quello pugliese non trova acquirenti. Se il grano arriva per mare, l’olio arriva su gomma. Ingenti quantitativi di prodotto vecchio, trasportati su camion provenienti soprattutto dalla Spagna, stanno arrivando in Italia, per divenire miracolosamente ‘made in Italy’. Questo giustifica il crollo del 17% del prezzo dell’olio extravergine di oliva, a soli 20 giorni dall’inizio della campagna olivicolo-olearia. Sulla trasparenza e sulla rintracciabilità si gioca la sfida per il settore olivicolo. Occorre assicurare che tutti gli oli etichettati dopo il 17 gennaio 2008 rispettino il Decreto che impone le "Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell'etichetta dell'olio vergine" prevedendo la indicazione obbligatoria dello Stato nel quale le olive sono state raccolte e dove si trova il frantoio in cui è stato estratto l'olio. Se le olive sono state prodotte in più Paesi, questi devono essere tutti indicati in ordine di quantità decrescente.
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